Spezzo una lancia
"Incredibile episodio in una scuola di Milano: una maestra elementare taglia la lingua ad un alunno per farlo stare zitto" - www.lastampa.itOdio le persone apatiche. Di conseguenza amo quelle passionali
"Incredibile episodio in una scuola di Milano: una maestra elementare taglia la lingua ad un alunno per farlo stare zitto" - www.lastampa.it
Ovviamente non ho visto il Festival di Sanremo in quanto ieri c'era il Doctor House. Astuta furbata della concorrenza, ma so che più di qualcuno ha apprezzato la mossa. Non l'avrei visto comunque, dal momento che odio la musica italiana contemporanea e in particolar modo quella forgiata da Sanremo. Ma devo ammettere che durante la pubblicità ho curiosato qualche minuto, il limite massimo di sopportazione della Hunziker. E sono capitata per puro caso durante l'entrata della famiglia Facchinetti, ovvero La Paraculata nazionale. Non ce l'ha fatta diggei-Francesco con le sue gambine: a nulla sono servite le isole di famosi e la magiche spintarelle cecchettiane. Qua ci voleva Papà-Pooh. E così, il saggio Roby prende per la manina il figlio incapace, e lo porta sul palco del Festival che ha lanciato tutti tranne lui. O la va o la spacca. E se non la va, il Figlio del Pooh dovrà tornare a girare dischi nelle balere di Treviso, a meno che papy non gli procuri un posticino a Radio Birikina.
Mi sono sempre chiesta quale fosse il ruolo specifico dei Senatori a vita. Insomma, viaggiano più o meno tutti sull'ottantina e oltre: qualche sintomo di sclerosi ce l'avranno pure anche loro. E se le convenzioni hanno stabilito che l'età pensionabile di un uomo comune è meno di settant'anni, un motivo ci sarà. Immagino che, con molto ottimismo, il Governo abbia istituito questa carica sperando in una sua durata più breve possibile, considerato anche che questi vecchietti pesano sul groppone del contribuente, e non poco. Ma a quanto pare in Senato sopravvivono gli ultimi esemplari di Highlander sulla terra. E se almeno si limitassero a dispensare consigli come fanno tutti i nonni, male non sarebbe. Invece si ritengono investiti di un ruolo ben preciso: quello di mettere zizzania nelle questioni della Repubblica. Repubblica che la maggior parte di essi ha contribuito a fondare, ma che non per questo ha il diritto di distruggere. Questa banda di rompiballe vagamente sospettati di seguire i suggerimenti di Sua Eminenza, il quale pare aver detto "Andate a mettere un po' di scompiglio così per un po' si dimenticano dei pacs", ha inflitto l'audace colpo dei soliti ignoti, e per la verità neanche tanto ignoti. Vorrei poter dire ancora che tutto questo è terribilmente ridicolo, ma in questa situazione c'è ben poco da ridere, anche se ad ogni collegamento giornalistico sulle sedute parlamentari pare che si apra il sipario sul Muppet Show.
Sapevo che oggi, 21 febbraio, c'era qualcosa. La mattina ho la mente annebbiata, ma appena arrivo in ufficio e avvio il computer, tutto mi ritorna alla memoria. Me ne sarei dovuta ricordare ben prima, vedendo la mia scrivania completamente invasa dal viola: fogli viola, brochures viola, anche un tratto pen viola. L'immagine coordinata di questa stagione, cartelline stampa comprese, è stata viola. Che nel mio ambiente viene letto come sfiga, ma pazienza. Evidentemente qualche flusso subliminale è arrivato via cavo, considerato che dall'altra parte del nord Italia c'è qualcuno che ha convertito la sua casa in viola, a cominciare dagli strofinacci per la cucina. Tutto questo semplicemente per dire che non c'è nulla di strano se vi svegliate pensando che oggi è una data da ricordare, pur sapendo che nessuno dei vostri amici compie gli anni. Un blogster ti può condizionare, eccome. Almeno se si chiama Diamanterosa e se in ogni sua telefonata c'è una novità, tipo il mascara Dior con la goccia di rugiada o il seminario di scrittura di Baricco. Questa era di una settimana fa: da oggi, e per la precisione alle ore sedici, la signora diventerà redattrice di un blog ufficiale, sì, uno di quelli famosi. Speriamo che sia l'inizio di un'altra delle sue carriere, essendo donna alquanto versatile. Manca un'ora e mezza e sono certa che avrà scritto almeno quindici pezzi diversi per la pagina d'apertura, che sarà presa dall'ansia e che domani si rilasserà cucinando una torta.
La mia famiglia non è mai stata particolarmente osservante. Tuttavia credo che mia madre rispettasse certe regole della liturgia cattolica quasi per scaramanzia, come se in qualche modo fosse più timorata che fedele. Io e mio fratello non avevamo mai capito perché dovevamo andare a messa, quando la domenica mattina si poteva tranquillamente rimanere a giocare. "Perché di sì", diceva. E quella era l'unica spiegazione. Così, con i soldi che ci dava per mettere nella borsa del sacrestano, per vendetta andavamo a comprarci le Big Babol.
Oggi sarebbe l'ultimo giorno di Carnevale, cioè martedì grasso. Se non fosse per la puzza di fritto che ti rimane nei capelli anche solo per essere entrata in una pasticceria a bere un caffé, non me ne sarei nemmeno accorta. In realtà non ho mai capito se questa festa mi sia piaciuta o no. Da bambina c'era un atteggiamento di amore-odio verso il Carnevale. Mi piaceva andare alla festa che facevano in teatro, la cosiddetta "Cavalchina dei piccoli", ma ogni anno mi ritrovavo con un vestito lungo e ingombrante, e con gravi difficoltà motorie. Il primo anno mi sono vestita da fata turchina e non potevo muovermi senza inciampare nell'orlo. Il secondo anno ero sempre la fata turchina ma le gambe si erano allungate e quindi andava un po' meglio. Il terzo anno non sopportavo più di essere la fata turchina, quando invece mio fratello aveva un bellissimo vestito di Zorro e soprattutto una spada al posto di quella stupidissima bacchetta con la punta a stella. E' stato il Carnevale più brutto della mia vita, perché si stava sviluppando in me una certa insofferenza, anche per la particolare inflazione di Zorri che saltavano da tutte le parti e mi facevano sentire un'impedita intrappolata in una meringa di velo azzurro. L'anno successivo per fortuna il vestito era diventato piccolo, ma c'era già un degno sostituto: sarei stata Lady Marianna, quando mio fratello invece era Sandokan. IO volevo essere Sandokan! Anche quel vestito era lungo: non avevo la bacchetta ma quattro o cinque giri di collane, quando invece avrei preferito la scimitarra. Quell'anno c'erano tanti Moschettieri e io mi rodevo il fegato per avere avuto la sfiga di nascere femmina. La fortuna non mi aveva assistita neanche il Carnevale successivo perché un'amica di mia mamma le aveva offerto un vestito da geisha: il kimono era praticamente saldato addosso e per circa quattro ore avrei dovuto camminare con il passo di un canarino. Quell'anno tutti i bambini erano vestiti da Uomo Ragno. Ogni sera del martedì grasso tornavo a casa con il mio sacchettino di dolci in mano, irrimediabilmente infelice, e da quel momento per tutto l'anno sognavo un costume con cui potermi muovere, saltare sul palco per vedere da vicino il Mago Silvan, non essere immancabilmente l'ultima della fila al momento della distribuzione dei dolci. Ero arrivata al punto da invidiare anche gli Arlecchini e i pagliacci: almeno loro avevano i pantaloni...
Qualcuno mi spieghi per quale misterioso motivo anche in una giornata così splendida che da tempo non ne conoscevi una simile, ci debba essere sempre qualcuno a rovinare le cose. E che poi non è mai lo sconosciuto di cui non te ne frega un bel niente e che lascia il tempo che trova: è sempre l'amico o qualcuno di molto vicino da cui invece ti saresti aspettato piena compartecipazione al momento. Una telefonata con un tono provocatorio appositamente studiato per farti pesare qualcosa, uno snobbare volutamente la tua felicità. Quello che in una parola si definisce il guastafeste e, in una giornata di cielo terso, la classica nuvola che di tanto in tanto oscura il sole.
L’Amichevole Spiderman di Quartiere è tornato!!! E' di nuovo fra noi, dopo una lunga pausa durante la quale ha preferito dedicarsi a un’intensa attività agonistica a scapito della ricerca scientifica e delle elucubrazioni filosofiche a cui il Sapere Mondiale ha dovuto suo malgrado rinunciare per un non trascurabile lasso di tempo. Ma glielo concediamo, considerato che le sue prestazioni sportive sono notevolmente migliorate, e questo significa che la differenza fra i canestri segnati e quelli presi ormai non va oltre il centinaio. Nel frattempo la personcina si è evoluta, ha imparato a dare del lei e non si fa alcuno scrupolo nell’aggiungere con nonchalance un “sono sicuro che questa la scrivi” dopo ogni frase pronunciata, come se ogni cosa uscita dalla sua boccuccia - più che di rose, di cioccolata - si trasformasse automaticamente in un aforisma. Beata modestia.
Ci sono giornate in cui avrei voglia di un niente assoluto. Camminare su una spiaggia senza aver nulla di preciso a cui pensare, senza problemi da riordinare come quando vado a correre, ma semplicemente un momento per permettermi di sacrificare il contingente ai sogni liberi, invece del contrario come di solito avviene. Passare in mezzo a luoghi che non siano connessi alla quotidianità, lontano dalla gente, dai rumori.