patio andaluz

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Località: Italy

Odio le persone apatiche. Di conseguenza amo quelle passionali

martedì, giugno 16, 2009

SONO QUIIIIII!!!!!

Di nuovo su questi schermi dopo una lunga e ingiustificabile assenza, pronta a riprendere il filo da dove l'avevo perso, complice un po' tutto e un po' niente di particolarmente diverso dal solito. Il lavoro perseguita, ma c'è sempre un modo per sfuggirlo, e questo è quanto. Carrrramba, si riparte!

lunedì, febbraio 09, 2009

Chi non condivide l'appello si astenga dai commenti, tanto non rispondo

Bbc: "Bloccata iniziativa per il diritto a morire in Italia".
El Pais: "Il caso Eluana apre un conflitto istituzionale senza precedenti in Italia", "piccolo colpo di Stato da parte dell’esecutivo di Silvio Berlusconi "
Sueddeutsche Zeitung: "All’ultimo minuto il governo Berlusconi vuole impedire che venga sospesa l’alimentazione artificiale di Eluana, in coma da 17 anni".

Grazie Silvio, per averci sputtanati ancora agli occhi del mondo intero. Ma questa volta non ride nessuno. Per quello che stai facendo alla Costituzione ti ci vorrebbe la galera. Per come ti sei espresso sulla questione, per le tue offese nei confronti di Beppino Englaro, meriteresti di vivere sulla tua pelle una situazione analoga alla sua. Ma noi, che siamo CIVILI, non lo auguriamo nemmeno al peggiore dei nostri nemici.
Per tutto quello che vorrei dire, c'è, come sempre, chi le sa esprimere meglio di me.

"Eluana è anche nostra figlia". Ci rivolgiamo attraverso questo appello alle massime istituzioni della Repubblica perché ciascuna per la sua parte si impegni a far rispettare una sentenza definitiva ed esecutiva. Perché in Italia il diritto abbia la meglio sui ricatti, le intimidazioni, l'oscurantismo di chi non tiene conto della tragedia di una famiglia, simbolo di altre migliaia di persone che si trovano nella medesima situazione. Eluana è anche nostra figlia. Per aderire: firma la petizione specificando semplicemente nome, cognome e città.

martedì, gennaio 27, 2009

Giornata della Memoria (corta)


Se devo proprio dirla fuori dai denti, non è che gli Ebrei mi siano molto simpatici. E questo non per disinformazione, quanto direi per l'esatto contrario: ho conosciuto abbastanza da vicino la loro tradizione - per altro interessantissima - e ritengo siano persone per la maggior parte estremamente colte. Ma ho avuto occasione di visitare il posto in cui vivono gli integralisti e toccare con mano alcuni aspetti della loro società non proprio piacevoli, per cui mi sento autorizzata, anche in virtù della libertà d'espressione di cui gode un blog, a togliermi questo sassolino dalla scarpa, pur consapevole di attirarmi le ire di qualcuno beccandomi anche della nazista.

Voglio dissociarmi dalla celebrazione della "Giornata della Memoria". Primo, perché nei lager non sono morti solo Ebrei e tuttavia le vittime riconosciute sembrano essere esclusivamente loro. Secondo, perché se il ricordo delle atrocità subite fosse veramente indelebile, gli Israeliani se ne ricorderebbero anche mentre sganciano deliberatamente le loro bombe sulle sedi di rifugiati, ospedali e scuole. Ma evidentemente i "giusti" hanno memoria corta. E adesso l'ho detto.

mercoledì, gennaio 21, 2009

Perché loro sì e noi no?


"Cari concittadini, oggi mi trovo di fronte a voi, umile per il compito che ci aspetta, grato per la fiducia che mi avete accordato, cosciente dei sacrifici compiuti dai nostri avi. Ringrazio il presidente Bush per il servizio reso alla nostra nazione, e per la generosità e la cooperazione che ha mostrato durante questa transizione.
Quarantaquattro americani hanno pronunciato il giuramento presidenziale. Queste parole sono risuonate in tempi di alte maree di prosperità e di calme acque di pace. Ma spesso il giuramento è stato pronunciato nel mezzo di nubi tempestose e di uragani violenti. In quei momenti, l’America è andata avanti non solo grazie alla bravura o alla capacità visionaria di coloro che ricoprivano gli incarichi più alti, ma grazie al fatto che Noi, il Popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati e alle nostre carte fondamentali.
Così è stato finora. Così deve essere per questa generazione di americani. E’ ormai ben chiaro che ci troviamo nel mezzo di una crisi. La nostra nazione è in guerra contro una rete di violenza e di odio che arriva lontano. La nostra economia si è fortemente indebolita, conseguenza della grettezza e dell’irresponsabilità di alcuni, ma anche della nostra collettiva incapacità di compiere scelte difficili e preparare la nostra nazione per una nuova era. C’è chi ha perso la casa. Sono stati cancellati posti di lavoro. Imprese sono sparite. Il nostro servizio sanitario è troppo costoso. Le nostre scuole perdono troppi giovani. E ogni giorno porta nuove prove del fatto che il modo in cui usiamo le risorse energetiche rafforza i nostri avversari e minaccia il nostro pianeta.
Questi sono gli indicatori della crisi, soggetti ad analisi statistiche e dati. Meno misurabile ma non meno profonda invece è la perdita di fiducia che attraversa la nostra terra - un timore fastidioso che il declino americano sia inevitabile e la prossima generazione debba avere aspettative più basse. Oggi vi dico che le sfide che abbiamo di fronte sono reali. Sono serie e sono numerose. Affrontarle non sarà cosa facile né rapida. Ma America, sappilo: le affronteremo. Oggi siamo riuniti qui perché abbiamo scelto la speranza rispetto alla paura, l’unità degli intenti rispetto al conflitto e alla discordia. Oggi siamo qui per proclamare la fine delle recriminazioni meschine e delle false promesse, dei dogmi stanchi, che troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica. Siamo ancora una nazione giovane, ma - come dicono le Scritture - è arrivato il momento di mettere da parte gli infantilismi. E’ venuto il momento di riaffermare il nostro spirito tenace, di scegliere la nostra storia migliore, di portare avanti quel dono prezioso, l’idea nobile, passata di generazione in generazione: la promessa divina che tutti siamo uguali, tutti siamo liberi e tutti meritiamo una possibilità di perseguire la felicità in tutta la sua pienezza. Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, ci rendiamo conto che la grandezza non è mai scontata. Bisogna guadagnarsela. Il nostro viaggio non è mai stato fatto di scorciatoie, non ci siamo mai accontentati. Non è mai stato un sentiero per incerti, per quelli che preferiscono il divertimento al lavoro, o che cercano solo i piaceri dei ricchi e la fama. Sono stati invece coloro che hanno saputo osare, che hanno agito, coloro che hanno creato cose - alcuni celebrati, ma più spesso uomini e donne rimasti oscuri nel loro lavoro, che hanno portato avanti il lungo, accidentato cammino verso la prosperità e la libertà.
Per noi, hanno messo in valigia quel poco che possedevano e hanno attraversato gli oceani in cerca di una nuova vita. Per noi, hanno faticato in aziende che li sfruttavano e si sono stabiliti nell’Ovest. Hanno sopportato la frusta e arato la terra dura. Per noi, hanno combattuto e sono morti, in posti come Concord e Gettysburg; in Normandia e a Khe Sahn. Questi uomini e donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato finché le loro mani sono diventate ruvide per permettere a noi di vivere una vita migliore. Hanno visto nell’America qualcosa di più grande che una somma delle nostre ambizioni individuali; più grande di tutte le differenze di nascita, censo o fazione. Questo è il viaggio che continuiamo oggi. Rimaniamo la nazione più prospera, più potente della Terra. I nostri lavoratori non sono meno produttivi rispetto a quando è cominciata la crisi. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari di quanto lo fossero la settimana scorsa, o il mese scorso o l’anno scorso. Le nostre capacità rimangono inalterate. Ma è di certo passato il tempo dell’immobilismo, della protezione di interessi ristretti e del rinvio di decisioni spiacevoli. A partire da oggi, dobbiamo rialzarci, toglierci di dosso la polvere, e ricominciare il lavoro della ricostruzione dell’America. Perché ovunque volgiamo lo sguardo, c’è lavoro da fare. Lo stato dell’economia richiede un’azione, forte e rapida, e noi agiremo - non solo per creare nuovi posti di lavoro, ma per gettare le nuova fondamenta della crescita.
Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le linee digitali che alimentano i nostri commerci e ci legano gli uni agli altri. Restituiremo alla scienza il suo giusto posto e maneggeremo le meraviglie della tecnologia in modo da risollevare la qualità dell’assistenza sanitaria e abbassarne i costi. Imbriglieremo il sole e i venti e il suolo per alimentare le nostre auto e mandare avanti le nostre fabbriche. E trasformeremo le nostre scuole, i college e le università per venire incontro alle esigenze dei tempi nuovi. Possiamo farcela. E lo faremo.
Ora, ci sono alcuni che contestano le dimensioni delle nostre ambizioni - pensando che il nostro sistema non può tollerare troppi grandi progetti. Costoro hanno corta memoria. Perché dimenticano quel che questo paese ha già fatto. Quel che uomini e donne possono ottenere quando l’immaginazione si unisce alla volontà comune, e la necessità al coraggio. Quel che i cinici non riescono a capire è che il terreno gli è scivolato sotto i piedi. Gli argomenti politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non sono più applicabili. La domanda che formuliamo oggi non è se il nostro governo sia troppo grande o troppo piccolo, ma se funzioni o meno - se aiuti le famiglie a trovare un lavoro decentemente pagato, cure accessibili, una pensione degna. Laddove la risposta sia positiva, noi intendiamo andare avanti. Dove sia negativa, metteremo fine a quelle politiche. E coloro che gestiscono i soldi della collettività saranno chiamati a risponderne, affinché spendano in modo saggio, riformino le cattive abitudini, e facciano i loro affari alla luce del sole - perché solo allora potremo restaurare la vitale fiducia tra il popolo e il suo governo. La questione di fronte a noi non è se il mercato sia una forza del bene o del male. Il suo potere di generare benessere ed espandere la libertà è rimasto intatto. Ma la crisi ci ricorda che senza un occhio rigoroso, il mercato può andare fuori controllo e la nazione non può prosperare a lungo quando il mercato favorisce solo i già ricchi. Il successo della nostra economia è sempre dipeso non solo dalle dimensioni del nostro Pil, ma dall’ampiezza della nostra prosperità, dalla nostra capacità di estendere le opportunità per tutti coloro che abbiano volontà - non per fare beneficenza ma perché è la strada più sicura per il nostro bene comune.
Quanto alla nostra difesa comune, noi respingiamo come falsa la scelta tra sicurezza e ideali. I nostri Padri Fondatori, messi di fronte a pericoli che noi a mala pena riusciamo a immaginare, hanno stilato una carta che garantisca l’autorità della legge e i diritti dell’individuo, una carta che si è espansa con il sangue delle generazioni. Quegli ideali illuminano ancora il mondo, e noi non vi rinunceremo in nome di qualche espediente. E così, per tutti i popoli e i governi che ci guardano oggi, dalle più grandi capitali al piccolo villaggio dove è nato mio padre: sappiate che l’America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che sia alla ricerca di un futuro di pace e dignità, e che noi siamo pronti ad aprire la strada ancora una volta. Ricordiamoci che le precedenti generazioni hanno sgominato il fascismo e il comunismo non solo con i missili e i carriarmati, ma con alleanze solide e convinzioni tenaci. Hanno capito che il nostro potere da solo non può proteggerci, né ci autorizza a fare come più ci aggrada. Al contrario, sapevano che il nostro potere cresce quanto più lo si usa con prudenza. La nostra sicurezza emana dalla giustezza della nostra causa, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità dell’umiltà e del ritegno. Noi siamo i custodi di questa eredità. Guidati ancora una volta dai principi, possiamo affrontare le nuove minacce che richiederanno sforzi ancora maggiori - una cooperazione e comprensione ancora maggiori tra le nazioni. Cominceremo a lasciare responsabilmente l’Iraq alla sua gente, e a forgiare una pace duramente guadagnata in Afghanistan. Con i vecchi amici e i vecchi nemici, lavoreremo senza sosta per diminuire la minaccia nucleare, e respingere lo spettro di un pianeta che si surriscalda. Non chiederemo scusa per il nostro stile di vita, né ci batteremo in sua difesa. E a coloro che cercano di raggiungere i propri obiettivi creando terrore e massacrando gli innocenti, noi diciamo adesso che il nostro spirito è più forte e non può essere infranto. Voi non ci sopravviverete, e noi vi sconfiggeremo. Perché noi sappiamo che il nostro retaggio “a patchwork” è una forza e non una debolezza. Noi siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei e induisti e non credenti. Noi siamo formati da ciascun linguaggio e cultura disegnata in ogni angolo di questa Terra; e poiché abbiamo assaggiato l’amaro sapore della Guerra civile e della segregazione razziale e siamo emersi da quell’oscuro capitolo più forti e più uniti, noi non possiamo far altro che credere che i vecchi odi prima o poi passeranno, che le linee tribali saranno presto dissolte, che se il mondo si è rimpicciolito, la nostra comune umanità dovrà riscoprire se stessa; e che l’America deve giocare il suo ruolo nel far entrare il mondo in una nuova era di pace.
Per il mondo musulmano noi indichiamo una nuova strada, basata sul reciproco interesse e sul mutuo rispetto. A quei leader in giro per il mondo che cercano di fomentare conflitti o scaricano sull’Occidente i mali delle loro società - sappiate che i vostri popoli vi giudicheranno su quello che sapete costruire, non su quello che distruggete. A quelli che arrivano al potere attraverso la corruzione e la disonestà e mettendo a tacere il dissenso, sappiate che siete dalla parte sbagliata della Storia; ma che vi tenderemo la mano se sarete pronti ad aprire il vostro pugno.
Alla gente delle nazioni povere, noi promettiamo di lavorare insieme per far fiorire le vostre campagne e per pulire i vostri corsi d’acqua; per nutrire i corpi e le menti affamate. E a quelle nazioni, come la nostra. che godono di una relativa ricchezza, noi diciamo che non si può più sopportare l’indifferenza verso chi soffre fuori dai nostri confini; né noi possiamo continuare a consumare le risorse del mondo senza considerare gli effetti. Perché il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare con esso. Se consideriamo la strada che si apre davanti a noi, noi dobbiamo ricordare con umile gratitudine quegli americani coraggiosi che, proprio in queste ore, controllano lontani deserti e montagne. Essi hanno qualcosa da dirci oggi, proprio come gli eroi caduti che giacciono ad Arlington mormorano attraverso il tempo. Noi li onoriamo non solo perché sono i guardiani della nostra libertà, ma perché essi incarnano lo spirito di servizio: una volontà di trovare significato in qualcosa più grande di loro. In questo momento - un momento che definirà una generazione - è precisamente questo lo spirito che deve abitare in tutti noi.
Per tanto che un governo possa e debba fare, alla fine è sulla fede e la determinazione del popolo americano che questa nazione si fonda. E’ la gentilezza nell’accogliere uno straniero quando gli argini si rompono, la generosità dei lavoratori che preferiscono tagliare il proprio orario di lavoro piuttosto che vedere un amico perdere il posto, che ci hanno guidato nei nostri momenti più oscuri. E’ il coraggio dei vigili del fuoco nel precipitarsi in una scala invasa dal fumo, ma anche la volontà di un genitore di nutrire il proprio figlio, che alla fine decidono del nostro destino.
Forse le nostre sfide sono nuove. Gli strumenti con cui le affrontiamo forse sono nuovi. Ma i valori da cui dipende il nostro successo - lavoro duro e onestà, coraggio e fair play, tolleranza e curiosità, lealtà e patriottismo - tutto questo è vecchio. Sono cose vere. Sono state la forza tranquilla del progresso nel corso di tutta la nostra storia. Quel che è necessario ora è un ritorno a queste verità. Quel che ci viene chiesto è una nuova era di responsabilità - il riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo un dovere verso noi stessi, la nostra nazione, il mondo, doveri che non dobbiamo accettare mugugnando ma abbracciare con gioia, fermi nella consapevolezza che non c’è nulla di più soddisfacente per lo spirito, così importante per la definizione del carattere, che darsi completamente per una causa difficile.
Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza. Questa è la fonte della nostra fiducia - la consapevolezza che Dio ci ha chiamato a forgiare un destino incerto. Questo è il significato della nostra libertà e del nostro credo - perché uomini, donne e bambini di ogni razza e di ogni fede possono unirsi nella festa in questo Mall magnifico, e perché un uomo il cui padre meno di sessanta anni fa non avrebbe neanche potuto essere servito in un ristorante ora può trovarsi di fronte a voi per pronunciare il giuramento più sacro di tutti.
Perciò diamo a questa giornata il segno della memoria, di chi siamo e di quanta strada abbiamo fatto. Nell’anno in cui l’America è nata, nel più freddo dei mesi, una piccola banda di patrioti rannicchiati intorno a falò morenti sulle rive di un fiume ghiacciato. La capitale era stata abbandonata. Il nemico avanzava. La neve era macchiata di sangue. Nel momento in cui l’esito della nostra rivoluzione era in dubbio come non mai, il padre della nostra nazione ordinò che si leggessero queste parole al popolo:
“Che si dica al futuro del mondo… che nel profondo dell’inverno, quando possono sopravvivere solo la speranza e la virtù… Che la città e la campagna, allarmate da un pericolo comune, si sono unite per affrontarlo”. America. Di fronte ai nostri pericoli comuni, in questo inverno dei nostri stenti, ricordiamo queste parole senza tempo. Con speranza e virtù, affrontiamo con coraggio le correnti ghiacciate, e sopportiamo quel che le tempeste ci porteranno. Facciamo sì che i figli dei nostri figli dicano che quando siamo stati messi alla prova non abbiamo permesso che questo viaggio finisse, che non abbiamo voltato le spalle e non siamo caduti. E con gli occhi fissi sull’orizzonte e la grazia di Dio su di noi, abbiamo portato avanti il grande dono della libertà e l’abbiamo consegnato intatto alle generazioni future".



...e poi penso al nostro nano, alle puttanate che escono da quell'infame bocca, al ludibrio mondiale cui ci espone con le sue ignobili uscite, e invidiando il popolo americano mi chiedo se sia proprio necessario toccare il fondo per potersi meritare questo.

lunedì, gennaio 19, 2009

"Ni"


Che bel regalo ci ha portato questo 2009! Dopo undici anni di goduta solitudine, l'Amichevole Spiderman di Quartiere diventa fratello. Niccolò è stato scaricato dalla cicogna qualche giorno fa, ed è caduto a fagiuolo, proprio nel momento in cui il riccioluto Spiderman avrebbe voluto ritagliare - pressoché inosservato - qualche momento per sé e l'amica playstation, alla quale ora, momentaneamente lontano dai riflettori, può dedicare tutta la sua amorevole attenzione. E ti sia pure concesso, considerato che nove mesi di attesa, senza sapere che faccia avrebbe avuto colui con cui avresti condiviso la tua camera e i tuoi Lego, dev'essere un'esperienza abbastanza inquietante. Riprenditi per qualche giorno, che intanto noi ci spupazziamo questo bambolotto. Ma noi credere che ti perdiamo di vista, perchè con te non abbiamo ancora finito: ci resta qualche anno prima che qualcosa di più conturbante di una playstation possa farci perdere irrimediabilmente le tue tracce.
E tu, Niccolò, finché possiamo ancora chiamarti così e non Batman, non Superman, benvenuto fra noi! Morissimo grilletto silenzioso che ci guardi con i tuoi grandi occhi ancora blu, come sarai? chi diventerai? Cosa penserai di noi, che ti rubiamo l'uno dalle braccia dell'altro e giochiamo con le tue lunghe e sottilissime dita e non vediamo l'ora di divertirci anche con te...
Anche essere zii fa bene alla salute.

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venerdì, gennaio 02, 2009

Anno nuovo...



Si riparte, sì, si riparte. Con poca energia, per la verità, ma con molto ottimismo, per non azzardare addirittura entusiasmo. Dopo un anno passato in apnea con gli eventi che si rincorrevano e nemmeno il tempo di prendere respiro, ecco il 2009, che ai Gemelli promette un lassù qualcuno vi ama (per la verità, speravo ce ne fosse qualcuno anche quaggiù), pur con le solite riserve del segno tipo Occhio alle spese (se qualcuno veramente ci ama, perché non ci riempie il portafoglio?). Insomma è un altro anno, e con questo sono trentanove. A quindici mi sarei collocata nella fascia pre-senectute, ora mi sento poco più di un'adolescente, anche se ogni giorno che passa scopro una ruga nuova e parecchi capelli bianchi in più. In realtà non è che ci pensi molto a queste cose, considerato che si possono risolvere con furbate di cosmesi spicciola piuttosto che spiegare al co-inquilino di sedici mesi che in camera non c'è il lupo e che quindi la notte si può dormire tranquillamente, anche per il bene delle rughe e dei capelli bianchi della mamma.
Anni fa c'era il rito dei buoni propositi, che poi erano sempre gli stessi, il che significa che non ne mantenevo nemmeno uno e pertanto la cosa è caduta in disuso. Ma quest'anno, volendo ripristinare l'usanza, seppur in maniera meno categorica e formale, mi sono ritrovata a stilare una lista infinita di intenzioni che potrebbero verosimilmente avvicinare la mia persona all'ideale che perseguo. Mi sono detta che devo essere più ordinata e organizzata nel lavoro, metodica e costante, e mai rimandare al domani quello che potrei fare oggi: questo non certo per migliorare la qualità del servizio, quanto per raggiungere l'obiettivo del mio anti-stakanovismo dichiarato: lavorare meno e guadagnare di più.
Secondo: l'assetto della casa. Sento di essere una desperate housewife per la frustrazione di non riuscire mai a mettermi in pari con l'ordine domestico, mia grande aspirazione ma non altrettanto grande per un compagno a cui di questo non frega proprio una fava. Quindi agirò cominciando col prendere di mira proprio colui il quale non ha ancora capito che l'hotel mamma è un privilegio dei primi decenni di vita e soprattutto un modello non riproducibile all'infuori del tetto natio.
Infine, sul piano dei rapporti personali, intendo continuare a fare quello che con convinzione ho iniziato già da qualche anno e cioé tagliare i rami non appena questi cominciano a diventare secchi e selezionare i germogli freschi. Sono stanca di quelli che ti chiamano quando hanno bisogno, parlandoti di loro e fregandosi di te, quelli che assorbono energie (le tue) senza spenderne, quelli che ci sono quando ne hanno voglia o necessità. Non ne ho bisogno, non più, almeno. Gli amici rimangono quelli vecchi di sempre, e seppur pochi, almeno autentici. E se proprio ho tempo da regalare, meglio un libro o anche un impossibile tentativo di sferruzzare.
Per il resto, ci sono tante cose che mi piacerebbe fare quest'anno, ma so per certo che non ci riuscirò: una maratona o anche mezza, una vacanza rilassante, un lavoro manuale, dato che la mia professione - seppur voluta e realizzata con soddisfazione - non appaga il bisogno di esprimere una certa creatività che sento. So comunque che non imparerò a cucire né a fare a maglia o a lavorare il legno, neanche con il fior fior di manuali in stand-by da anni.
Vorrei anche risparmiare per costruirmi la piscina in giardino, e questo sembra più un proposito di trent'anni fa, quando era lecito sparare simili cazzate: ma un obiettivo ci dev'essere sempre, e vuoi mai che non sia la soluzione giusta per riuscire finalmente a frenare la mia irriducibile propensione-zero al risparmio.
A questo proposito mi viene in mente che oggi è giornata di saldi... sento che la stella di Eracle, dio del commercio, quest'anno mi assiste..... vvvvvvia!!!!

martedì, dicembre 16, 2008

...


Se non si fosse capito, sto facendo un break. Purtroppo il lavoro mi insegue e io non sono più veloce. Se lavorassi in Regione, mi collocherei volentieri fra i perseguitati di Brunetta. Ma l'autogestione è un'arma a doppio taglio, e non mi resta che sperare in una buona vincita al superenalotto per scrollarmi di dosso questa penitenza assegnata al genere umano. Ricordo che sul campanile del mio paese c'era scritto "Fugit Hora. Ora et labora": saggia l'affermazione. Sull'esortativo avrei qualcosa da ridire.
See you soon!

lunedì, novembre 24, 2008

Fiocco di neve


A chi mi dirà (e so per certo che qualcuno per irritarmi me lo dirà) Che bello, finalmente nevica! auguro di uscire di casa e venire travolto da una valanga di neve mista a letame fumante. E che la sua stupida pelle ne rimanga impregnata a vita.


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