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Località: Italy

Odio le persone apatiche. Di conseguenza amo quelle passionali

giovedì, maggio 18, 2006

Missing


C’è un campionario di oggetti - per lo più in voga fra gli anni Cinquanta e Settanta - che ogni famiglia rinnega, ma che ogni famiglia è colpevole di aver ospitato nelle proprie case.
Sul viale del tramonto di questi orripilanti monumenti al kitsch - ovvero nella fase pre-minimalista dell’arredamento domestico - c’era chi cercava di giustificarsi asserendo di averli ricevuti in regalo e di aver tentato, senza successo, di eliminarli. Ricordo che all’indomani del terremoto mia madre corse in cucina con la speranza di trovare in frantumi il servizio di bicchieri color turchese, regalo di nozze: per mia grande gioia si salvarono e, visto che ora il kitsch è tornato di moda, li ho pretesi in dote. Ovviamente continuo a considerarli più che brutti, ma per un’inspiegabile ragione mi piacciono.
I bicchieri comunque sono stati gli unici superstiti dopo l’emancipazione degli anni Ottanta. Ricordo oggetti terrificanti alla vista, come un grande posacenere in ferro a forma di mosca con l’ala che si alza per “depositare”. E poi l’airone cenerino imbalsamato che tenevamo in salotto, grande trofeo venatorio di mio padre, da esibire con orgoglio così come la testa di capriolo e il leprotto: non si può certo negare che io e mio fratello fossimo cresciuti in mezzo agli animali, benché cadaveri. Altra chicca erano i funghi di cemento in cortile, per fortuna eravamo in affitto. E poi il lampadario arancione in cucina, quello che faceva sonno. Giuro di aver visto recentemente alcuni appartamenti di mare che emanavano questa luce impossibile, e non era Croazia.
Casa mia, comunque, non si collocava fra i migliori musei del kitsch, anzi tutt’altro: c’era qualcosa sì, ma non particolarmente soddisfacente. A parte la mosca, certo.
In giro ho visto di peggio: vere e proprie botteghe dell’orrore, in cui dimoravano senza pudore pezzi di imbarazzante bruttezza, come la lampada con i frammenti luminescenti che si depositano lentamente sul fondo una volta che la capovolgi. Quand’ero piccola ne avrei voluta una, ma mia madre non avrebbe mai preso in considerazione l’ipotesi. Poi c’erano i vasi portafiori a forma di cigno e i cuscini multicolore di lana lavorata a uncinetto, quelli che generalmente trattenevano i peli del gatto. La tovaglia cerata, che peraltro puzzava di gomma, la casetta di legno con l’omino e la donnina che escono alternandosi a seconda del tempo (e in qualunque caso più efficaci dell’Osmer), le matrioske, le maschere veneziane e le inquietanti bambole di gesso, quelle che ricordano il Triangolo delle Bermude.
Dal souvenir nessuno poteva esimersi: i più frequenti erano la gondola di plastica con lux perpetua rossa incastonata, e la torre Eiffel di ferro, utile per battere i chiodini in assenza di un martello a portata di mano. Le bambole in abito tradizionale chiuse nel cilindro di plastica trasparente, poi, erano la gioia di chi le riceveva, per non parlare delle varie sculture di conchiglie assemblate. Il top, comunque, credo l’abbia raggiunto mio fratello quando portò da Barcellona un toro di velluto con banderillas inflilzate: mancava solo la colata di sangue. Io mi limitai a una bella alabarda da San Marino.
Ma veniamo agli esterni. Oltre i già citati “sgabelli” di cemento a forma di fungo, andavano alla grande i ben più famosi nanetti con tanto di Biancaneve, un must dei nostri giardini. Credo comunque che l’oggetto più orripilante in assoluto sia il lampione-ragno collocato sopra o a fianco la porta d’ingresso: poco invitante a procedere per chiunque, ma per me - aracnofobica da sempre - disgustoso oltre ogni limite. Tremendissimi anche i leoni modello San Marco posti in cima alle colonne dei cancelli. Io ne ho visto un paio con un pizzico di fantasia in più: due luci rosse al posto degli occhi. Non si sa mai, un po’ di nebbia... Prestino attenzione gli infartuati.
Per chiudere il circo Barnum delle mostruosità, tre “pezzi unici” che tutti ascriverebbero all’albo del cattivo gusto, tranne i proprietari. Raggiunge apici di alto lirismo la casa di mia cugina che svetta in testa alle classifiche del kitsch con una porta imbottita di velluto matelassé, un’acquasantiera formato gigante che i più scambierebbero per vespasiano, e un murale raffigurante degli oblò da cui si intravede il sistema planetario. Se ci fosse un Nobel per la categoria, avrei una cugina famosa.

9 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Giuro. Non mento. Il posacenere mosca ce l'avevamo anch enoi.
Mia madre finse di perderlo durante un trasloco... era inguardabile!

S.

9:06 AM  
Anonymous Anonimo said...

Non ci posso credere!!! pensavo di essere in stata in possesso di raro oggetto del kitsch più allucinante... Per era un incubo quella mosca. Però, ti giuro, vorrei averla per ripresentarla e vedere come se la cavano i miei ospiti...
M.

10:04 AM  
Anonymous Anonimo said...

...dimentichi le sfere che quando le giri scende la neve simil forfora ^__^

Ora pero' ci sono un po' rimasta male, il ma mosc a posacenere non l'ho mai avuta :o(

3:44 PM  
Anonymous Anonimo said...

Già... le forfora "a caduta libera" su Babbo Natale... Che orrore!

Ma toglimi una curiosità, siccome la "S." che conosco io ha "dichiarato" spudoratamente un posacenere-mosca.... Tu chi sei?! sei "Ste" o "Sim" o qualche altra sillaba?!
"M."

3:53 PM  
Anonymous Anonimo said...

Curiosità svelata, mi hai appena dedicato un post ;o)

3:36 PM  
Blogger ruben said...

avevo beccato, allora. Mancava la "x"!!!!

3:38 PM  
Anonymous Anonimo said...

Non ti si puo' nascondere nulla :o) :o) :o)

10:35 AM  
Anonymous Anonimo said...

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5:01 PM  
Anonymous Anonimo said...

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4:03 AM  

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