Trentasei
La cifra in sé non dice niente, neanche sapendo che si tratta di anni. Insomma, è tutto relativo, come si suol dire. Per metà parte del mondo sei quasi anziano, per l’altra metà ancora un giovane. Grazie al cielo faccio parte di quest'ultima, anche se dal mio punto di vista non mi sento più una ragazza. Anzi, ho passato anche quella fase in cui c’è l’imbarazzo della definizione: adesso mi considero una donna a tutti gli effetti, e quasi con orgoglio ci tengo a precisarlo. Ovviamente non mi offenderei se dovessero dirmi che dimostro meno anni di quelli che ho: ma lo interpreto come un riferimento alla capacità di aver cura di me stessa, non già al risultato di una lotta contro l’ineluttabilità del tempo. Ho sempre provato un po’ di pena nei confronti di chi si trasforma in una ridicola caricatura cercando di perpetuare in eterno un’immagine adolescenziale di sé: la classe di una persona consiste nella capacità di adattarsi con stile alle trasformazioni del proprio corpo e soprattutto della propria mente. Certo non posso negare una specializzazione in creme antirughe da dispensare consigli anche a Gloria Vanderbilt! Ma non sarò certo quella che va in giro con la zainetto di Hello Kitty, la minigonna inguinale o le mutande che anticipano l’inizio della cintola, tanto per adattarmi a un cliché che per altro mi fa inorridire. Il canto del cigno lo lascio alle soubrettes della domenica pomeriggio.
La tendenza all’autodistruzione facendo l’alba ad oltranza ha ceduto il passo a una fatica ben più salutare, costruttiva ed economica, considerato che per praticarla è sufficiente un paio di scarpe da ginnastica. D’altronde anche le quattro di notte adesso sono diventate le quattro del mattino, esattamente come intendevano i nostri genitori. E quando declini un loro invito a cena perché sei stanco, non sono stimolati da quel sadismo vendicativo che la domenica mattina li induceva a tormentarti, ma sono loro stessi a consigliarti di riposare.
Un po’, a dire la verità, ci pensi.
Ma chi se ne frega, poi. E’ finita l’età in cui devi dimostrare sempre qualcosa agli altri e fare cose di cui spesso non t’importa un accidenti, solo per non essere da meno. Quella in cui pensi che è meglio provare tutto, per non aver rimpianti. Forse perché da adolescente fai del carpe diem il tuo grido di battaglia, pensando ai trent’anni come un momento in cui dovresti essere già “arrivato” e la maturità non permette più le follie giovanili. Poi arrivi all’orizzonte e vedi che non c’è nessuna linea di confine. Per un po’ ti chiedi se mai ci sarà. Alla fine è la tua natura - non già la volontà - a dirti che hai già passato la fase senza nemmeno accorgertene. Non hai più voglia di certe cose: puoi essere pienamente soddisfatto di quello che hai fatto, o forse non sentire nemmeno più l’esigenza di raggiungere certi obiettivi. O magari continuare a perseguirli, ma senza ansia. Mi sono chiesta spesso il perché di tutto questo, giungendo alla conclusione che probabilmente a quest’età ti stai avvicinando alla conoscenza di te stesso, delle tue potenzialità, dei tuoi limiti. E soprattutto impari a piacerti per quello che sei, che non vuol dire “accettarti” ma semplicemente migliorarti nel rispetto della tua persona.
Posso dire di sentirmi molto meglio oggi di quando avevo vent’anni, arricchita delle mie esperienze - positive o negative che siano – e soddisfatta per non aver lasciato nulla di quello che avrei voluto e potuto fare. E’ una serenità interiore che schiarisce un cielo perennemente annebbiato dai miei continui tormenti. Tormenti che continueranno ad esserci, certo, ma non saranno più inquietudini.
Mi chiedo se sia questa la famigerata maturità – parola a cui ho sempre ritenuto stupido dare una definizione. No, non credo. Però potrebbe essere sufficiente per intraprendere nuove e più impegnative esperienze, quelle che non riguardano solo ed esclusivamente me.
Trentasei anni, o giù di li, è quello strabismo di fine giovinezza, con cui puoi guardare a un passato pieno e a un futuro che lascia molti spazi da riempire...
La tendenza all’autodistruzione facendo l’alba ad oltranza ha ceduto il passo a una fatica ben più salutare, costruttiva ed economica, considerato che per praticarla è sufficiente un paio di scarpe da ginnastica. D’altronde anche le quattro di notte adesso sono diventate le quattro del mattino, esattamente come intendevano i nostri genitori. E quando declini un loro invito a cena perché sei stanco, non sono stimolati da quel sadismo vendicativo che la domenica mattina li induceva a tormentarti, ma sono loro stessi a consigliarti di riposare.
Un po’, a dire la verità, ci pensi.
Ma chi se ne frega, poi. E’ finita l’età in cui devi dimostrare sempre qualcosa agli altri e fare cose di cui spesso non t’importa un accidenti, solo per non essere da meno. Quella in cui pensi che è meglio provare tutto, per non aver rimpianti. Forse perché da adolescente fai del carpe diem il tuo grido di battaglia, pensando ai trent’anni come un momento in cui dovresti essere già “arrivato” e la maturità non permette più le follie giovanili. Poi arrivi all’orizzonte e vedi che non c’è nessuna linea di confine. Per un po’ ti chiedi se mai ci sarà. Alla fine è la tua natura - non già la volontà - a dirti che hai già passato la fase senza nemmeno accorgertene. Non hai più voglia di certe cose: puoi essere pienamente soddisfatto di quello che hai fatto, o forse non sentire nemmeno più l’esigenza di raggiungere certi obiettivi. O magari continuare a perseguirli, ma senza ansia. Mi sono chiesta spesso il perché di tutto questo, giungendo alla conclusione che probabilmente a quest’età ti stai avvicinando alla conoscenza di te stesso, delle tue potenzialità, dei tuoi limiti. E soprattutto impari a piacerti per quello che sei, che non vuol dire “accettarti” ma semplicemente migliorarti nel rispetto della tua persona.
Posso dire di sentirmi molto meglio oggi di quando avevo vent’anni, arricchita delle mie esperienze - positive o negative che siano – e soddisfatta per non aver lasciato nulla di quello che avrei voluto e potuto fare. E’ una serenità interiore che schiarisce un cielo perennemente annebbiato dai miei continui tormenti. Tormenti che continueranno ad esserci, certo, ma non saranno più inquietudini.
Mi chiedo se sia questa la famigerata maturità – parola a cui ho sempre ritenuto stupido dare una definizione. No, non credo. Però potrebbe essere sufficiente per intraprendere nuove e più impegnative esperienze, quelle che non riguardano solo ed esclusivamente me.
Trentasei anni, o giù di li, è quello strabismo di fine giovinezza, con cui puoi guardare a un passato pieno e a un futuro che lascia molti spazi da riempire...
5 Comments:
Ok, faccio ammenda e mi metto dietro la lavagna a imparare la lezione...mumble mumble....
sai, era un momento di "riflessione" post-griglia...
E non dirmi contornata da litri e litri di sangria...SENZA AVVISARE LA SOTTOSCRITTA!!!!! :o)
Hola!
Io ci ho provato a scrivere la mail, un paio di giorni fa, ma credo che non tu non l'abbia ricevuta...
Non me lo spiego, giuro.
Eppure l'indirizzo che hai lo hanno anche altre conoscenze comuni che lo usano normalmente!
:-(
Comunque sia, un abbraccio!
Interesting website with a lot of resources and detailed explanations.
»
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