patio andaluz

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Località: Italy

Odio le persone apatiche. Di conseguenza amo quelle passionali

giovedì, maggio 31, 2007

Pioggia e Bollani.


Domenica su Trieste diluviava, anzi peggio: si stava abbattendo il fratello gemello dell'uragano Mitch. La Sala Tripcovic era allagata e i triestini - da buoni triestini - in un primo tempo avevano pensato bene di far saltare il concerto, soluzione migliore rispetto a quella di rimboccarsi le maniche ed evacuare secchio dopo secchio. I bagni erano inacessibili - particolare trascurabile ai più, ma non a me, che sono in condizioni da non potermi permettere di aspettare. In realtà non avevo nessuna urgenza, ma se si può spaccare i maroni, facciamolo, visto che siamo a Trieste. Così, grazie a me, si forma la comitiva cessi, ovvero un gruppetto di gente a cui scappava ma non aveva il coraggio di dichiararlo, compreso il triestino che ha avuto il coraggio di dire "Mi non go bisonio, la xe la signora casomai che la dovaria". Ma fatti i cazzi tuoi, dico, hai paura di dire che devi pisciare? Fatto sta che ci accompagnano dietro il palco indicandoci il luogo, e poi ci lasciano liberi. Nessuna occasione migliore per me, che sono fra quegli sfigati che ancora ambiscono all'autografo dell'artista, pratica ormai comunemente considerata trash. Ovviamente se mi passa accanto Tiziano Ferro nemmeno lo riconosco, ma quando l'artista è veramente artista, un genio intendo, allora le cose cambiano. Chiaro che, da buona professionista del mestiere, ho l'innata capacità di rimediare sempre una gaffe d'autore, come quella volta che ho chiesto ad Alicia Alonso di autografare la fotografia del Malecòn dell'Avana, ignara del fatto che ormai fosse quasi completamente cieca.
Passo con lentezza dietro le quinte attraversando tutto il boccascena e sbirciando, quando vedo un tipo che potrebbe assomigliare a qualcuno... Ma sì, è lui! E' BOLLANI, Stefano Bollani che si sta cambiando! Mi fermo incerta e guardo. "Ciao!", fa lui. "Ciao", faccio io. Naturalmente non so cosa dire, ma ecco che mi viene in mente la prima stronzata. "Io sono l'amica di Rita, ci saremmo dovuti conoscere dopo il concerto, ma... eccoci qua!". "Bene!" , dice lui aspettando che me ne vada. Ma io non intuisco. E così mi viene incontro: "Questo è il mio camerino...". E prima che possa passare alla stronzata numero due, realizzo che è mezzo svestito, mentre io con fare da guardona non accenno a schiodarmi. L'intenzione non era quella, ci tengo a precisare, ma in quei frangenti non so mai cosa dire. Finché il buonsenso mi suggerisce di girare i tacchi prima di conquistarmi una delle sue sagaci battute e aggiungere la figura del menga al carnet delle gaffes che mi sono conquistata nell'arco della mia carriera.
Poi, per il resto, non ci sono commenti. Chi conosce Bollani immagina cosa possa essere successo su quel palco e come quello Steinway possa essere stato posseduto da un qualcosa che lambisce i confini del paranormale...

lunedì, maggio 21, 2007

La soluzione che viene dal passato

...ovvero del perché non scrivevo più.

Ho sempre pensato che, a fronte di tutti i pesi della gravidanza (reali e figurati), ci fosse almeno la consolazione di un periodo in cui restarsene tranquillamente a casa a fare un tubo. Questa almeno era l'illusione di quando 16 anni fa iniziavo come stagista o, per meglio dire, schiava dei più anziani. Allora, vedendo le colleghe incinte, pur non invidiandole affatto, immaginavo i loro pomeriggi a farsi le unghie dall'estetista mentre in ufficio si consumava l'ennesima puntata di "Radici" dove Kunta Kinte (più nero di rabbia che di pelle) infilava fax e fotocopie sotto stretta osservazione telefonica. Quanti parti atroci ho augurato. Non c'era internet a quei tempi, e il buon senso raccomandava di inviare il comunicato a un solo giornalista della redazione, il referente della pagina appunto: ma siccome bouana doveva solo alzare la cornetta e ordinare (per fortuna non esistevano neppure i cellulari), Kunta era costretto a mandare il comunicato alla pagina della cultura e, perché no, anche alla cronaca, alla politica, all'economia e magari anche ai necrologi, non si sa mai. Per un totale di dieci fax a redazione, tutti di almeno tre o quattro pagine.

Dall'abolizione dello schiavismo e la definitiva assunzione sono passati tanti anni, ma non ho mai dimenticato di pensare a chi può permettersi di vivere la propria gravidanza nella totale beatitudine, con l'unica angoscia di aspettare quel temibile giorno del parto. Ora che potrei beneficiare di questa opportunità anche io, in realtà non posso, in virtù di una legge che regola i momenti migliori della mia vita per cui ad ogni lieto evento corrisponde una situazione lavorativa dove è previsto che sia immersa nella merda fino al collo.
Ma ecco che - mentre mi trovo a pianificare la mia Lunga Estate Calda, ad incazzarmi con un uomo che confonde la gestione di un neonato con quella di un tamagotchi e a imbufalirmi con una madre che mi mette ansia ricordandomi che devo praticamente ancora fare tutto - la soluzione della mia angoscia viene dal passato e ha un nome ben preciso: lo STAGISTA.

E' arrivato finalmente il momento di riscattare i miei diritti di anzianità e, da buona non-cristiana, di fare agli altri quello che un tempo non volevi fosse fatto a te. L'unico problema è che vent'anni fa un ragazzo che voleva intraprendere una professione, si accontantava di poterla esercitare gratis pur di imparare: adesso tutti si qualificano già come esperti del mestiere, specie se sorretti da una delle tante lauree in niente come, nel mio settore, quella in Relazioni Pubbliche. Inoltre, condizionato da eventi d'oltreoceano, lo stagista ha rivendicato i propri diritti e negli ultimi anni ha imparato a dettare le sue regole, prime fra tutte gli orari, la compatibilità fra incarichi impartiti e finalità di apprendimento e, non meno trascurabile, un piccolo obolo. Resta il vantaggio che lo stagista d'oggi, a differenza di quello di ieri, preferisce farsi comandare a distanza, soprattutto perché quando il cosiddetto tutor (che allora era il negriero) lascia libero l'ufficio, lui può liberamente usufruire dei mezzi di comunicazione predisposti, leggi chattare in internet, telefonare gratis, masterizzare cd e cazzeggiare ad libitum. Resta sempre il fatto che allo stagista puoi passare i lavori più noiosi e soprattutto ricattarlo minacciandolo che in questo ambiente la fama di uno che non sa lavorare si diffonde a macchia d'olio, nonché puntando il dito sulla concorrenza che è spietata e una laurea in Relazioni Pubbliche vale come una banconota da mille Lire.

E adesso che ho risolto la questione della Lunga Estate Calda, non mi resta che pensare al problema della casa, cominciando ad informarmi se ci sia in circolazione qualche aspirante professionista in economia domestica che abbia bisogno di esercitare uno stage specificatamente nel settore della stiratura, della pulizia dei vetri e del trattamento del parquet...

venerdì, maggio 18, 2007



giovedì, maggio 17, 2007

Benarrivata Chiara!!!

Un altro bellissimo fiore di maggio, perché bella lo è veramente. Ed ora sono aperte le scommesse: aprirà prima un Codice Civile o infilerà un paio di Asics? Perché se la mamma ha prontamente sottolineato che "la pigrizia è quella del papà" (pur concedendo che del papà ha anche gli occhi) in qualcosa a lei dovrà pure somigliare, no? Io dico le Asics.
Ben arrivata, bellezza!

giovedì, maggio 03, 2007

Intolleranze

Non avrei mai pensato di scoprire in me bacilli di razzismo. Eppure sono sempre stata più che xenofila. Magari più propensa al Sud del mondo, e con leggera diffidenza verso il Nord. Verso il Nord-est, diciamo. Insomma, ad esclusione di francesi, tedeschi, slavi, albanesi e soprattutto cinesi, giapponesi e i bruttissimi coreani, non ho mai avuto difficoltà a fraternizzare. Possibile che a quasi trentasette anni mi ritrovi ad essere quella di cui mi sarei sempre vergognata? Io, che ho sempre combattuto a spada tratta qualsiasi forma di nazionalismo, che ho sempre denigrato e osteggiato ogni movimento leghista, ogni tendenza alla chiusura. Eppure, quando meno te l’aspetti...
Ecco, sono in piscina, una corsia tutta per me. Almeno così sembra. Invece no: là in fondo ci sono due tipi che sguazzano, hanno la pelle scuretta ma non sono propriamente di colore, altrimenti mi sarebbero subito stati simpatici. Sembrano arabi. Sono padre e figlio, un bambino di circa dieci anni. Finché stanno nel loro, possono fare quel che vogliono. Solo che in piscina si viene per nuotare, non per giocare. E soprattutto non ci si tuffa, perché è vietato. Perché nessuno gli dice niente? Forse anche gli altri hanno paura di passare per razzisti come me? Certo che se fossero stati cubani non ti saresti scomposta, razzista che non sei altro, anzi, ti saresti spostata in un’altra corsia perché il bambino potesse tuffarsi meglio. Ma siccome sono sicuramente arabi, la corsia me la tengo. Ecchecavolo! Credono di essere nel loro hamman personale? Si capisce che non sono sudamericani, perché un bambino sudamericano o africano sarebbe stato insieme agli altri bambini e non con suo padre. Ma questa tradizione del figlio che deve stare col genitore è tutta araba. E poi si lamentano perché a scuola vengono emarginati. Prima di tutto, se fosse con gli altri, imparerebbe a nuotare. E invece suo padre gli insegna solo a sguazzare e dar fastidio agli altri nuotatori. Dio, ma come faccio a pensare queste cose? No, no, pensale, cara: questo stronzo avrà sicuramente segregate in casa una moglie e una figlia coperte dal burqua, che una piscina se la sognano... E il bambino, privilegiato, a divertirsi. Verranno i tempi delle vacche magre anche per te, ragazzo, e dovrai metterti con la copertina sul marciapiede a vendere borse di Gucci. Se non la smettono di tuffarsi, avviso il responsabile. No, meglio di no. Non vorrei trovarmi la mia unica macchina trasformata in due twin-towers. Ma cosa sto rimuginando? Fa' che nessuno legga i miei pensieri di cui sono la prima a vergognarmi. Sono solo padre e figlio che vogliono trascorrere un pomeriggio insieme, si rilassano in acqua e chiacchierano. No, quella lingua è sospetta, stanno recitando il Corano. E poi devono venire proprio tutti i mercoledì? Aspetta, forse se ne vanno. Sì sì, se ne vanno. Ah, ma non sono proprio due clandestini... hanno anche un bel borsone Tommy Hillfigher. Mah, sarà sicuramente contraffatto...

(Ci tengo a precisare che le sopraelencate congetture sono frutto di un periodo di stress e intolleranza. Resta salva solo l'affermazione sui francesi, i tedeschi, gli slavi e soprattutto i cinesi, i giapponesi e i bruttissimi coreani)


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