Pioggia e Bollani.
Domenica su Trieste diluviava, anzi peggio: si stava abbattendo il fratello gemello dell'uragano Mitch. La Sala Tripcovic era allagata e i triestini - da buoni triestini - in un primo tempo avevano pensato bene di far saltare il concerto, soluzione migliore rispetto a quella di rimboccarsi le maniche ed evacuare secchio dopo secchio. I bagni erano inacessibili - particolare trascurabile ai più, ma non a me, che sono in condizioni da non potermi permettere di aspettare. In realtà non avevo nessuna urgenza, ma se si può spaccare i maroni, facciamolo, visto che siamo a Trieste. Così, grazie a me, si forma la comitiva cessi, ovvero un gruppetto di gente a cui scappava ma non aveva il coraggio di dichiararlo, compreso il triestino che ha avuto il coraggio di dire "Mi non go bisonio, la xe la signora casomai che la dovaria". Ma fatti i cazzi tuoi, dico, hai paura di dire che devi pisciare? Fatto sta che ci accompagnano dietro il palco indicandoci il luogo, e poi ci lasciano liberi. Nessuna occasione migliore per me, che sono fra quegli sfigati che ancora ambiscono all'autografo dell'artista, pratica ormai comunemente considerata trash. Ovviamente se mi passa accanto Tiziano Ferro nemmeno lo riconosco, ma quando l'artista è veramente artista, un genio intendo, allora le cose cambiano. Chiaro che, da buona professionista del mestiere, ho l'innata capacità di rimediare sempre una gaffe d'autore, come quella volta che ho chiesto ad Alicia Alonso di autografare la fotografia del Malecòn dell'Avana, ignara del fatto che ormai fosse quasi completamente cieca.
Passo con lentezza dietro le quinte attraversando tutto il boccascena e sbirciando, quando vedo un tipo che potrebbe assomigliare a qualcuno... Ma sì, è lui! E' BOLLANI, Stefano Bollani che si sta cambiando! Mi fermo incerta e guardo. "Ciao!", fa lui. "Ciao", faccio io. Naturalmente non so cosa dire, ma ecco che mi viene in mente la prima stronzata. "Io sono l'amica di Rita, ci saremmo dovuti conoscere dopo il concerto, ma... eccoci qua!". "Bene!" , dice lui aspettando che me ne vada. Ma io non intuisco. E così mi viene incontro: "Questo è il mio camerino...". E prima che possa passare alla stronzata numero due, realizzo che è mezzo svestito, mentre io con fare da guardona non accenno a schiodarmi. L'intenzione non era quella, ci tengo a precisare, ma in quei frangenti non so mai cosa dire. Finché il buonsenso mi suggerisce di girare i tacchi prima di conquistarmi una delle sue sagaci battute e aggiungere la figura del menga al carnet delle gaffes che mi sono conquistata nell'arco della mia carriera.
Poi, per il resto, non ci sono commenti. Chi conosce Bollani immagina cosa possa essere successo su quel palco e come quello Steinway possa essere stato posseduto da un qualcosa che lambisce i confini del paranormale...