patio andaluz

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Località: Italy

Odio le persone apatiche. Di conseguenza amo quelle passionali

venerdì, luglio 28, 2006

Je ne l'apprezz pas

Ricorderò i cavalli selvaggi della Camargue, le case bianche e le strade polverose, l’atmosfera zingara e le cicale. Ricorderò le distese di lavanda ormai secca, le case in pietra, le verdi colline della Provenza e l’ocra di Roussillon.
Ma vorrei cercare di dimenticare quelle cose repellenti che per quattro giorni hanno sbattuto nei nostri piatti. E il prossimo che mi verrà a parlare di “rinomata” cousine française, avrà quel che si merita e non si lamenti se la risposta è indelicata.
Ho ancora davanti agli occhi la faccia di mio fratello mentre guarda quell’insaccato di cacca servito su un letto di pommes frites. La cameriera che lo guarda stupita mentre riporta in cucina il piatto nemmeno sfiorato, e lui desolato che accenna un timido “Je ne l’APPREZZ pas”. Ma come, “je ne l’apprezz”?! Ma sii violento, dille che fa schifo, che è un invito al vomito, che quella merda puzzolente noi italiani non la diamo nemmeno al cane randagio!
Dicesi “andouille” una salsiccia di frattaglie e quant’altro. Un insaccato di tutti i resti del maiale, perché, a buon ragione, del maiale non si butta via niente. I francesi l’anno presa alla lettera e non buttano nemmeno le unghie, gli occhi e, a quanto pare, l’intestino retto. Tutto serve per la deliziosa andouille, specialità sopraffina di cui les enfants de la patrie vanno orgogliosi.
Vada per la baguette ficcata sotto l’ascella. Vada per il prosciutto venduto a fette da un etto. Ma quando è troppo è troppo. Ora mi chiedo: ma li trattiamo così, noi, i nostri turisti? Nossignore. Noi insegniamo loro a mangiare in tre portate separate, l’insalata come contorno e non come antipasto, il riso come primo e non come contorno, la bistecca al sangue, il cappuccino a colazione e non dopo la pizza, l’olio di oliva e il basilico, gli spaghetti al dente e il pomodoro fresco. Poi, se vogliono condire la pasta con il ketchup, quelli sono fatti loro.
Conclusione: se Le Cordon Bleu forgia fior fiore di cuochi provenienti da tutto il mondo per la modica cifra di diciottomila euro a corso, quanto potrebbe costare un semplice stage in un qualsiasi ristorante toscano?

mercoledì, luglio 19, 2006

chiuso per (brevi) ferie

Pochi giorni in Provenza e Camargue, visto che le vacanze sono ancora lontane. L'adesivo con scritto "Incornali tutti, caprùn" e la faccia di Zidane è pronto. Anche la bandiera della Francia da tenere sul cruscotto. Perchè noi alla macchina ci teniamo.

mercoledì, luglio 12, 2006

Shine on you crazy diamond!

Wish you were here. Quante volte l’ho pensato dietro quel banco del liceo, sola in mezzo a tanto piattume preoccupato solo di salvarsi la media. Io, che avevo ben altri pensieri prima della media e lottavo più che altro per la sopravvivenza, e che mi sentivo schiacciata dallo sguardo severo di quegli odiatissimi bacchettoni pronti a squadrarmi nel momento in cui avrei deciso che mi sarei tenuta un due piuttosto di uscire interrogata e svelare l’insospettabile, cioè che non avevo mai aperto il libro di fisica. Allora non sapevo che la maggior parte di quelle orrende befanette sedicenni, con il viso brufoloso attaccato a colletti inamidati, in seguito avrebbe alimentato la schiera dei disoccupati d’Italia, mentre io, con il mio bel due fisso in fisica (e non solo), avrei avuto il lavoro che avevo scelto e quasi sempre realizzato i miei sogni.
Allora sembrava che disegnare figure psichedeliche sull’agenda mentre il Signor Noia parlava di concetti filosofici che neanche lui pareva avere ben afferrato, fosse cosa da derelitti, e fare i compiti delle altre materie durante l’ora di religione, portasse dritto dritto all’anticamera dell’inferno. Tramontata l’epoca dei “paninari” griffati a cui neppure io mi ero sottratta, cominciava quella della repulsione verso un mondo fatto di niente, dove non c’era spazio per i non-allineati. E io mi trovavo sempre più a mio agio nelle file dei dissidenti, negli ultimi banchi insieme agli altri candidati a settembre, se andava bene. Quelli con la barriera di libri sull’orlo del banco per poter disegnare inosservati e scrivere testi di canzoni. Quelli che non alzavano mai la mano per rispondere e che nessuno voleva vicino durante i compiti in classe. Quelli che suggerivano sempre, se potevano permetterselo, e che non ti guardavano con compassione quando facevi scena muta. Ma erano pochi, e quasi sempre assenti, specie nei giorni cruciali. La mia solitudine adolescenziale è stata attenuata da questi personaggi che – nonostante la parvenza di perbenismo che non riuscivo a scrollarmi di dosso – mi avevano accolta nel gruppo. Amavo le poesie di Baudelaire e Rimbaud, sapevo fare bei disegni psichedelici, ascoltavo i primi Pink Floyd, quelli di “Saucerful of secrets” e “Ummagumma”, gli Animals, Bob Dylan di “Mr. Tambourine”, i Beatles di “Lucy in the sky with diamonds”, e inoltre attribuivo alla figura di Syd Barrett quell’aura di sacralità che fra gli adepti era imprescindibile. Syd Barrett protettore dei liceali anomali, che avrebbe potuto comparire in aula come un fantasma, snobbare i secchioni e sedersi insieme a noi delle ultime file. Come avrei voluto che fosse lì.
Oggi Syd Barrett è morto, ma resterà sempre un posto per lui nel cuori di molti di noi. Di quelli che nella vita a volte si sono sentiti soli e hanno cercato solidarietà nella solitudine degli altri. Quelli che hanno liberato la propria voglia di trasgressione, che non hanno avuto paura di mostrarsi diversi, a costo di perdere il posto nella schiera dei giusti. Syd rimarrà sempre un tributo alla mia adolescenza inquieta, alla persona che ero e che allora mi vergognavo di essere, ma a cui oggi griderei: Shine on you crazy diamond!

martedì, luglio 11, 2006

E adesso, ridateci la Gioconda!

“Mais-nous-en-France” paga il conto e se ne va a testa bassa. Barthéz ci restituisce il sorrisetto idiota di quando prendemmo quella traversa agli Europei, e noi ce lo riprendiamo, anche se non è lo stesso: i nostri azzurri non giocano con la rabbia e la meschinità di molti altri, non ci sono falli cattivi, non c’è altro al di fuori del gioco. E alla fine si ride, di gioia, di complicità, di sollievo. Non per aver battuto gli avversari, che ormai, sembra non esistano più: c’è solo quella bella e ambita coppa che Cannavaro sembra non voler mollare mai. Se la tiene stretta stretta fino a Roma, la solleva come a dire che è per tutti, con l’euforia stampata in volto, negli occhi, nel sorriso smagliante su quella faccia scura da scugnizzo napoletano. E’ stato grande Cannavaro, sono stati grandi tutti. Hanno sfidato le critiche di chi cercava una conferma ai recenti scandali calcistici, di chi tifava Ghana anziché Italia, di chi voleva essere contro a tutti i costi perché sembra non ci sia occasione migliore di queste per sentirsi non comuni. Lasciamo i signori Sofisti alle altre polemiche nazionali, e semmai leggiamo un sempre grande Zucconi che non ha mezzi termini nell’esprimere la propria soddisfazione: "...e ora potete rimettere in frigo quella bottiglia di champagne, con la quale ci avete sfottuto nella Parigi del 1998 e nella Rotterdam del 2000" , mettendo l’accento su una rivincita che tutti aspettavamo, ma che i nostri calciatori non lasciavano trasparire: loro non sarebbero saliti a prendere quelle medaglie di secondo posto con le orecchie basse e la faccia imbronciata, e soprattutto, ci sarebbero andati tutti. Perché all’appello della squadra francese mancava chi si è giocato la consacrazione definitiva all’Olimpo dei campioni. Sarà stato per vergogna? Riserviamoci il beneficio del dubbio.
Fatto sta che, nonostante le scorrettezze degli avversari e gli arbitri troppo spesso propensi a penalizzare la nostra squadra, alla fine ce l’hanno fatta. E’ stata una vittoria sudata e meritata. Anche per i tifosi, che in Germania non potevano nemmeno esporre il tricolore. Che non sapevano se crederci o no, deviati dalle polemiche, e alla fine ci hanno creduto.
Non mi sono mai sentita più nazionalista di quella sera, orgogliosa di far parte di un popolo che raramente ha imposto la propria superiorità agli altri, e più spesso steso il tappeto rosso ai prepotenti. Fanculo a tutto il Nord europeo che ci considera incapaci, inaffidabili e pasticcioni. E’ vero che sotto i baffi noi ce la ridiamo di questi ottusangoli repressi, ma è anche vero che non prendiamo mai il coraggio di sottolineare che il nostro è uno dei paesi più belli e invidiati al mondo, con ogni forma di paesaggio possibile, il settanta per cento delle opere artistiche globali, il design più imitato, la cucina e i vini più ambiti, all’occasione una classe e una raffinatezza senza pari e la simpatia che tutto il resto del mondo – a parte il grande Nord, ovviamente – ci riconosce. Alziamo la testa e riprendiamoci la dignità che per troppo tempo hanno cercato di offuscare! Non c’è più Berlusconi in tribuna d’onore, non è lui a stringere la mano del capitano e a godere di una gioia che non gli appartiene, perché lui, semmai, l’Italia l’ha voluta disfare. E adesso, cari “Mais-nous-en-France”, ridateci la Gioconda!

venerdì, luglio 07, 2006

Fuori i crukki!


Ce l'hanno fatta, bravi! Tenendoci con il fiato sospeso, ma pazienza. Anzi, è questo il bello di una partita. Per quanto ne possa capire io di partite, s'intende. Ma dalla prossima settimana ritornerò alla normalità, sbuffando ogni volta che si parla calcio. E come promesso, non ritornerò più allo stadio. Il campo verde non mi appartiene, e io non appartengo a lui. Ma concedetemi questa temporanea euforia da mondiale. Un mondiale condiviso fra amici, quelli con cui ci si ritrovava con birre e pizza, con cui si condivideva l'entusiasmo per un gol. Ma non solo: anche chi era lontano, come Daniel da l'Avana che scrive "Felicidades a todos los italianos por el partidaso que han ganado hoy a los alemanes", e i messaggi che ci si mandava dopo il fischio finale. Sì, è stato bello, anche per chi come me non ama il calcio. Ma non è finita! Domenica si gioca l'ultimo round. "Mais-nous-en-France" ci aspettano al varco. I francesi che ridono per ogni stronzata, quelli che portano i pantaloni a quadretti con i sandali e si mettono la baguette sotto l'ascella sudata. Zidane non sarà così, forse, ma Barthez - quella crapa pelata che se la rideva per il rigore mancato ai quarti di finale del '98 - quello, sono sicura, è uno di quei francesi delle barzellette, quelli che tengono le mutande per un mese e poi le girano a rovescio. Ecco, un giudizio tecnico non lo saprei dare, ma penso sia sufficiente così. Allons enfans de la patrie, e anche subito, magari, senza passare ai supplementari.

martedì, luglio 04, 2006

Elementi fondamentali per la visione di una semifinale


Birra, meglio se in fusto. Patatine classiche che sono più croccanti, ideali per scaricare la tensione. Volendo anche un'anguria finale, in caso di vittoria. Se ci si ritrova per i preliminari, va benissimo il riso alla greca, una pasta fredda o la pizza, ma niente di particolarmente impegnativo che richieda una vittima sacrificale ai fornelli. Frittata e rutto libero lo lasciamo a Fantozzi, ma la bestemmia - pur non concessa - si sa, è inevitabile. Vada per le parolacce, qualora la par condicio ammettesse i commenti femminili in caso di inquadrature generose su fisici da urlo, tipo Luca Toni.
Poi si aspetta, trepidanti, ansiosi, che arrivi il primo gol. Se arriva, l'atmosfera è più rilassata. Sempre che il primo gol non sia degli arriversari, che in questo caso sono i crukki del 4 a 3, quelli che abbiamo buttato fuori in Spagna e che non vedono l'ora di farcela pagare. Si può perdere con tutti, ma non con i crukki e nemmeno con i francesi. Anche se, tutto sommmato, il Signor Wurstel se perde è corretto: quando lo incontri in giro per Lignano, ti fa quel sorrisetto stupido e timidamente audace e non va oltre. Il francese "mais nous en France", quello che non vede l'ora di dirti che in Francia funziona tutto e in Italia niente (ma sorvola sulla topaia che è riuscito a racimolare nella periferia di Strasburgo dopo essere emigrato trent'anni fa), ecco, quello è insostenibile. Se dobbiamo proprio perdere, meglio perdere con i crukki.
Ma vinceremo! Perchè, anche se allo stadio saremo 10 mila contro 55 mila, siamo tutti con loro. Ci sentiranno urlare fino là, dalle nostre terrazze, dalle nostre piazze. Non mi sono mai sentita così nazionalista come adesso, io, che per di più odio il calcio. Sento che l'Italia, nonostante tutto, è il paese più bello del mondo.


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